2011年12月18日日曜日

Massimo Murru Interview ≪Io ballo vestito≫

Interview:
Massimo Murru ≪Io ballo vestito≫

シリーズものになってしまった長編インタビューは少しお休みして、ここで一つ単発もののインタビューのご紹介をしたいと思います。


イタリアのファッション誌Graziaで2010年5月に組まれたマッシモ・ムッルへのインタビュー記事を紹介します。イタリック体になっているのは私個人のコメント・注釈です。他はなるべく原文に忠実に訳していますが、意訳となっている部分もありますのでご了承ください。
日本語の後に原文も引用していますが、記事へのリンクはこちらです。:
http://archivio.grazia.it/people/on-stage/massimo-murru-io-ballo-vestito


Massimo Murru in La Dame aux Camelias  

最近「ジゼル」でのロベルト・ボッレのヌードが物議をかもしたことは記憶に新しい。12年前、マッシモ・ムッルにも同じことが起こった。スカラ座のエトワールが芸術と情熱、そしてダンス界をも冒しつつあるイメージ至上主義について語る。≪僕たちはバレエダンサーであって、モデルではない≫


マッシモ・ムッルを二言で表すとしたら、間違いなく"エレガンス"と"思慮深さ"だろう。ムッルはロベルト・ボッレと共に、スカラ座のエトワールである。しかしボッレと違い、彼は劇場の舞台以外に姿を現すのを好まない。実生活ではシャイで大人しい彼だが、舞台上では世界的に見ても最も優れたクラシックダンスの踊り手に変身する。ムッルは5/27-6/8、Trittico Novecento*の中でロンドンはロイヤルバレエのプリンシパルダンサーであるアリーナ・コジョカルの相手役として、ロシア人振付家ジョージ・バランシンの傑作**を踊る。この機会に是非ムッルと出会い、彼についてもっと発見して頂きたい。

*Čajkovskij, Prokof'ev, Šostakovičの3人のロシア人作曲家の著名作品で構成されたスカラ座の2009-2010シーズンの演目のひとつ。
**Balletto Imperiale


まずは始まりから話しましょう。いつダンスへの愛が生まれたのですか?
私が10歳の時に、父に付き添われてスカラ座のダンス学校の入学試験を受けに行きました。ただこれから何をするのかも、何が起こるのかも皆目見当が付かなかった。バレエは見たことがなかったし、劇場へも行ったことがなく、クラシックダンスとは何かさえ知らなかった。僕はすでに髪の結い方やバーへのつき方を知っている沢山の女の子達の中で、ただ一人の男の子だったのです。


つまりBilly Elliot (映画リトル・ダンサー*の主役)と同じ体験をしたと?
全く同じではありません。その点では恵まれていましたね。それに、すべては父のおかげで生まれたのです。僕の体を鍛えるためにダンスを試してみようと思ったのは彼ですから。僕は子供の頃とても小さくて、サッカーにも他のスポーツにもあまり興味がなかったけれど、音楽は大好きだったのです。
ビリー・エリオットとの違いは、いつも家族がサポートしてくれたこと。強制せずにね。特に最初の数年は容易ではなかったけれど、母はいつも心配は要らないと言ってくれたし、もしある日ダンスが嫌になって辞めたとしても全く問題ないと言い続けてくれた。

*1984年のイギリス北部の炭鉱町を舞台に一人の少年が、当時町では女性のためのものとされていたバレエに夢中になり、周りの反対を乗り超えてプロのバレエ・ダンサーを目指す過程を描いた作品。


あなたにとってダンスとは?
ダンスを始めた時はプリンシパルダンサーになろうとは思ってなかった。自分の進む道を日々見つめてきただけ。なぜなら僕にとってダンスは純粋なパッションだから。


ダンスは何を与えてくれましたか?
踊ることによって自分を表現する可能性が得られたました。10歳の頃から、ダンスは僕の人生そのものであり、それ以外はあり得なかった。ダンスは毎日自分の全てを捧げることが必要とされる仕事だから。しかも継続的にそうしなくてはならない上に、ある程度の成功を収めるまではちっとも報われない。


バレエを踊ってきた中で学んだ最も大切なことは?
舞台上では踊り手は裸にされてしまうということ。騙そうとしてもわかってしまう。舞台は同時に自由な場所でもある。実生活では決してやらないようなこともできてしまう、自由を感じる魔法の場所です。


クラシックダンスも今日ではメディアで鑑賞できるようになり、劇場でのみ得られる贅沢ではなくなっています。そのことについてどう思いますか?
時と共にバレエも変化し、40年前と同じようには踊りませんが、大変でシリアスな職業であることに変わりはありません。別の種類の舞台を選ぶのは個人の自由ですが、ダンサーという職業は難しく疲れる仕事です。しかしながらテレビやビデオ、新聞で有名だからといってダンサーであるとは限りません。


ダンスと美、その関係性とは?
ダンスは分離しがたいほどに美と関係しています。ダンスにおいては完璧な美、すなわち存在しないものを追い求め続けるわけです。
しかし今日、パラドックスがあります。姿かたちは常に中身より重視され、殆どアーティストである為のパスポートとなっている。本来はそうあるべきではないのに。例えば、パフォーマンスが出来ないけれど見た目がダンサーらしいといった人間が皆の目で選ばれている。
僕は外見より才能の有る無しを、目でなく頭で吟味したい。何故なら才能こそがダンサーに何より先に必要とされるから。美しさはプラスにはなるけれど、才能と美が手に手を取るケースはごく稀です。広告やテレビ、新聞など全てがイメージに振り回されています。人々がもしかするとメディアで目にしたイメージを再び見るために劇場に来ていて、ダンスの視覚的な面のみにしか興味を持たない危険性があると思います。しかし我々はバレエダンサーであり、モデルではないのです!


ダンスとあなたの肉体との関係は?
愛憎の関係です。ダンサーなら誰しも、完璧を追求するからです。
小さな頃から自分のやり方が良くないから他のやり方をしないといけないと言われ続け、永遠に鏡の前で柔軟をする。しかしまた体は道具であり、結果を出すためには妥協も必要です。


肉体と言えば、サン・カルロ・ディ・ナポリ劇場でのマッツ・エック版ジゼル*であなたの同僚であるロベルト・ボッレが全裸で踊ったことについて、話す機会が最近多くありましたね。どう思われますか?

*マッツ・エック版ジゼルをご覧になりたい方、ご参考までにこちらの動画(一部)リンクをどうぞ。(約12分):
 YouTube Giselle by Mats Ek

Giselle coreographed by Mats Ek

振付家 Mats Ek
僕も12年前に同じ役を踊りましたが、我々ダンサーは悲しいかな、今も同じ点において閉鎖的なんだと確認しました。当時書かれた記事にひどく落胆したのを覚えています。記事に書かれていたのは僕がどう踊ったかではなく、僕のお尻がどうとかいう内容だった。
人々が芸術に焦点を置かず、ヌードに終始するのは非常に屈辱的です。


一般的にダンスは他のことをする余裕を持てないほど負担の大きい数少ない芸術のひとつと考えられていますが、本当にそうなのでしょうか、それともあなたは他の趣味を持つことができていますか?
特に若い時に起こりがちなのは、ダンスが要求する規律にがんじがらめになり、自分だけの世界に閉じこもってしまうこと。しかし大人になれば、外の世界に目を向けられるようになる必要がある。


どういった意味で?
ダンサーという仕事はある意味、現実世界で起きている事から皆を救うような側面がある。劇場に足を踏み入れると魔法の世界が目前に広がり、外の世界に存在する問題から遠ざかる事が出来る。ダンサーという職業は二つの相反する現実を生きる可能性を与えてくれるのです。


舞台を離れた時のあなたが熱中するものはなんですか?
映画、音楽、演劇です。それと生活そのもの。つまり友人、家やリストランテでのディナー、誰かと話したり議論を交わしたり、シンプルなこと。


ダンスは恋愛する余裕を残してくれますか?
恋愛する余裕は常にあります!それに、もし愛とは何かを知らなければ、一体舞台で何を語る事が出来るでしょう?


それでは今あなたは恋をしている?
今はしていませんが、過去にはそうでした。そしてまた恋する可能性に対して自分を閉ざしてはいません。


(fin.)
2010年5月27日 Vincenzo Petraglia



【原文】
Massimo Murru: «Io ballo vestito»

Ricordate, nei giorni scorsi, il clamore suscitato da Roberto Bolle nudo per Giselle? Era successa la stessa cosa, 12 anni fa, a Massimo Murru. L’étoile, di scena alla Scala, parla di arte, passione. E di una certa ossessione per l’immagine che sta contagiando anche la danza. «Siamo ballerini, non modelli»

Se dovessimo descrivere Massimo Murru in due parole, sicuramente eleganza e discrezione sarebbero quelle giuste. Insieme a Roberto Bolle, è il primo ballerino étoile del Teatro alla Scala. Ma, rispetto al suo collega, non ama molto apparire fuori dal palcoscenico. Schivo e riservato nella vita, sulla scena si trasforma in uno dei più sensibili interpreti - a livello mondiale - della danza classica. Dal 27 maggio all’8 giugno si esibirà alla Scala, all’interno di Trittico Novecento e al fianco di Alina Cojocaru, principal dancer del Royal Ballet di Londra, in quel Balletto imperiale che rimane uno dei grandi capolavori del coreografo russo George Balanchine. Un’occasione per incontrarlo. E per scoprire qualcosa in più su di lui...

Partiamo dall’inizio. Quando è nato il suo amore per la danza?
 «Avevo dieci anni quando mio padre mi ha accompagnato all’esame attitudinale della Scuola di ballo della Scala, senza che io avessi la minima idea di che cosa andassi a fare e di quello che poi sarebbe successo. Non avevo mai visto un balletto, non ero mai stato a teatro e non sapevo neppure che cosa fosse la danza classica. Ero l’unico maschio in mezzo a tante bambine, che già sapevano come dovevano pettinarsi o come mettersi alla sbarra».

Mi sta dicendo che ha vissuto la stessa esperienza del piccolo protagonista del film “Billy Elliot”?
«Non del tutto, e in questo sono stato fortunato. D’altronde tutto è nato grazie a mio padre, che ha avuto l’idea di farmi provare la danza per aiutarmi a rinforzare il fisico: ero un bambino molto minuto e senza troppo interesse per il calcio o altri sport, mentre ero molto affascinato dalla musica. A differenza di Billy Elliot, la mia famiglia mi ha sempre sostenuto, senza mai forzarmi. Soprattutto durante i primi anni, che sono stati molto difficili: mia madre mi diceva sempre che non dovevo preoccuparmi e che non ci sarebbe stato nessun problema se un giorno avessi sentito di non farcela e deciso di smettere».

Che cosa rappresenta per lei la danza?
«Quando ho cominciato, non avevo l’ambizione di diventare primo ballerino. Ho vissuto il mio percorso giorno per giorno. Perché per me la danza è pura passione».

Che cosa le ha dato?
«Ballare mi ha dato la possibilità di esprimermi. È la mia vita da quando avevo dieci anni e non potrebbe essere altrimenti, nel senso che è una professione che richiede una totale dedizione quotidiana. Certo, la danza ti dà, ma tu devi anche restituirle. È uno scambio continuo e per niente equo perché, almeno finché non raggiungi certi risultati, per avere qualcosa ti ci devi dedicare tantissimo».

L’insegnamento più grande che ha imparato in tutti questi anni?
«Il palcoscenico è un luogo dove ti metti a nudo: non puoi barare, altrimenti si vede. Ma è anche una zona franca, in cui puoi osare cose che nella vita non faresti mai. Un luogo magico, in cui ti senti libero».

La danza classica sta diventando sempre più mediatica, glamour e meno legata al palcoscenico. Cosa ne pensa?
«La danza si è evoluta nel tempo e oggi non si balla più come 40 anni fa, però resta un’arte fatta di impegno e serietà. Accedere ad altri tipi di palcoscenici è una scelta personale, ma quella del danzatore rimane una professione molto faticosa e difficile. Diffidate, quindi, di certe trasmissioni televisive o dei reality show: la presenza in video, il fatto di essere molto conosciuti e di finire sui giornali non vuol dire essere un ballerino. Quello è un altro mestiere».

Danza e bellezza: qual è il rapporto?
«La danza è legata indissolubilmente alla bellezza, alla ricerca continua di una perfezione che non esiste. Oggi, però, assistiamo a un paradosso: l’immagine conta spesso più del contenuto ed è quasi diventata il passaporto per essere un artista. Non è così, naturalmente. È sotto gli occhi di tutti, per esempio, che ci siano in giro attori che non sanno recitare, ma che hanno semplicemente “la faccia giusta”. Mi piacerebbe mettere di più sotto i riflettori il talento, perché per fare questo mestiere bisogna avere prima di tutto quello. La bellezza, poi, può aiutare, ma i casi in cui talento e avvenenza viaggiano di pari passo sono davvero rarissimi. Ovunque ci giriamo, nella pubblicità, in televisione, sui giornali, tutto ruota intorno all’immagine e penso che il pericolo sia proprio quello di fermarsi soltanto a questo aspetto della danza, con un pubblico che magari viene a teatro per rivedere quello che viene proposto dai media. Ma noi non siamo modelli, siamo ballerini!».

Che rapporto ha con il suo corpo?
«Un rapporto di amore e odio, come ogni ballerino, proprio a causa di questa continua ricerca di perfezione. Iniziamo sin da piccoli a sentirci dire che quello che stiamo facendo non va bene e bisogna farlo in un modo piuttosto che in un altro, piazzati di fronte a uno specchio che in qualche maniera non ci abbandona mai. Però, allo stesso tempo, il corpo è il nostro strumento, per cui bisogna arrivare a un compromesso per riuscire a raggiungere un certo risultato».

A proposito di corpo: recentemente ha fatto parlare parecchio il nudo integrale del suo collega Roberto Bolle nella “Giselle” di Mats Ek al San Carlo di Napoli. Che cosa ne pensa?
«Ho affrontato lo stesso identico ruolo 12 anni fa e provo molta tristezza nel constatare che, oggi, siamo ancora fermi allo stesso punto. Ricordo che rimasi molto deluso dagli articoli che uscirono all’epoca, perché mi lasciò spiazzato il fatto che si parlasse delle mie natiche e non del modo in cui avevo danzato! È veramente avvilente che non si ponga l’accento sull’arte, fermandosi, invece, al nudo: e dire che basta accendere la televisione a qualsiasi ora per vedere ben altro...».

Spesso si pensa alla danza come arte assoluta che lascia spazio a poche altre cose nella vita. È veramente così o lei riesce a coltivare anche altre passioni?
«Il pericolo è che ci si possa chiudere nel proprio mondo e, quando si è giovani, capita spesso perché si è totalmente assorbiti dalla disciplina che la danza richiede. Poi però, crescendo, bisogna essere in grado di guardare fuori. Altrimenti si rischia di implodere».

In che senso?
«Facciamo un lavoro che, in qualche modo, ci salva da tutto ciò che succede nel mondo. Una volta in teatro, è come se si aprisse davanti a noi un luogo magico, lontano da tutti i problemi reali che ci sono fuori. Questo è un mestiere che ti dà la possibilità di vivere due realtà diverse e contrapposte».

Lontano dalle scene, quali sono le sue passioni?
«Il cinema, la musica, il teatro. E poi la vita, cioè gli amici, le cene a casa o al ristorante, il semplice parlare e confrontarsi con gli altri».

La danza lascia spazio all’amore?
«Per quello c’è sempre spazio! D’altronde, se non sai che cos’è l’amore, cosa puoi raccontare sul palcoscenico?».

Dunque è innamorato...
«Non in questo momento, ma lo sono stato in passato. E non sono chiuso alla possibilità di potermi innamorare ancora».

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